Il cammino è un percorso, una strada, reale o figurata che si intraprende. Qui è il modo di chiamare le strade che sono sterrate, mulattiere con curve che salgono e scendono in mezzo alla vegetazione, indispensabili per la vita delle persone e del caffè. Durante questa stagione, quelle delle piogge spesso di convertono in fiumi fangosi e rendono difficile il passaggio di mezzi e persone. Al Bosque si vedono solo pick-up e le persone portano stivali di gomma, ma quando frana la montagna e si interrompe la strada tutti si chiedono quando arriverà l’escavatore per ripristinare la viabilità.
Un pomeriggio con la macchina 4×4 di don Quique, anche se con un po’ di fatica, riusciamo a passare e dopo al ritorno finita la riunione della cooperativa, altro fango che sembra cioccolato ha ricoperto il passaggio scavato a fatica con zappa e ponendo grosse pietre. Non resta che tornare indietro lasciare la macchina in un posto sicuro ed andare a piedi, facendosi prestare una pila. Le scarpe sono un po’ infangate, ma per fortuna non piove, anzi una timida mezza luna ci fa luce come a scusarsi del disturbo.
La mattina successiva anche il panettiere maledice l’inefficienza del sindaco che ancora non ha sistemato la strada e dopo alcune telefonate ci lascia 4 cesti pieni di pane, le signore delle varie botteghe sparse per il paese verranno più tardi a prenderselo…ma come?
Panini dolci, pane francese, biscotti, usati per accompagnare il caffè a merenda, inondano la casa di un meraviglioso profumo di pane e “quasi quasi” benediciamo la frana e speriamo che non venga nessuno a prenderlo!!
In tarda mattinata vediamo arrivare un gruppetto di signore con il grembiule ed un canovaccio arrotolato. Chiedono tovaglie per coprire il cesto, sistemano il panno arrotolato a mo di ciambella, chiedono di essere aiutare a posizionarlo sulla testa e partono tranquille.
Per qualche giorno, la frana sarà la discussione centrale di tutti gli abitanti dell’aldea, alcuni si armeranno di buona volontà per ripristinare alla meno peggio il passaggio, altri continueranno solamente a inveire contro un sindaco fannullone e poco presente nonostante le promesse della campagna elettorale, altri ancora continueranno la loro vita come se tutto fosse uguale, lasciando che il tempo faccia scivolare nel dimenticatoio collettivo un problema che reca danno a tutta la comunità.
Per fortuna ieri l’escavatore ha riaperto la strada ed è stata una buona occasione per scattare qualche foto per testimoniare il lavoro e la presenza da parte dell’alcalde in questa piccola parte del municipio. La sola nostra presenza ha fatto in modo che tutto il lavoro fosse ultimato in una sola volta invece che in più momenti, o lasciato a metà, e già che l’escavatore era in azione gli abbiamo chiesto se per caso potevano spostare anche un enorme ceppo di pino, caduto chissà quando, che stava ostacolando il passaggio dei veicoli in un’altra parte della strada a El Bosque. Ovviamente non si sono potuti sottrarre…
La strada, che collega tutte le case disseminate nell’aldea, è un lungo serpente che abbraccia queste verdi montagne, ben lontane dalla modernità e dalle comodità che conosciamo. La terra, a volte rossa a volte nera come la pece, è per questa gente l’unico strumento di sostentamento e di sviluppo all’interno di una società che sempre più spesso trascura queste realtà, ma che cerca in tutti i modi di trasformarle in qualcosa di più simile a tutto il resto del mondo occidentale, senza però pensare alle conseguenze che porta uno sviluppo rapido e irresponsabile. Ci appare lontano il mondo in cui stiamo vivendo, senza comodità e senza l’ossessione di dover per forza apparire in qualche strana forma, ma è grazie a questa semplicità che impariamo ad apprezzare tutte le differenze che ci circondano e che ci fanno sentire parte integrante di qualcosa che sempre più spesso trascuriamo.
Le testimonianze al riguardo, spesso rese in maniera ironica, nascondono però le molte difficoltà che hanno dovuto soffrire le persone di questo piccolo “pueblo” nel periodo seguente l’uragano. Le strade come già spesso accennato, non hanno retto alle forti piogge e sono franate, portandosi dietro case, intere piantagioni di caffè e pali della luce. Interruzioni che solo dopo due settimane sono state ripristinate. L’elettricità che in molti casi è stata riattivata dopo quindici giorni, e l’approvvigionamento di acqua dopo quasi due mesi.
Questo piccolo disagio durato solo pochi giorni, ci ha fatto capire quanto sia stato difficile e complicato il periodo in cui l’uragano Aghata ha distrutto intere piantagioni e creato frane – ferite profonde nella terra e nella popolazione del Bosque – che hanno lasciato per più di un mese l’aldea divisa in varie parti.
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