Facendo tortillasEsistono molti modi per descrivere questo splendido e contraddittorio paese: i colori vivaci, la natura incontaminata, la storia del popolo maya con le sue tradizioni millenarie ed i sui riti ancestrali; in questo racconto, attraverso il suono delle mani delle donne guatemalteche.

Appena arrivati in Guatemala si percepisce che l’alimento o l’elemento fondamentale della vita è il mais, ma esso non è solo un cibo, è qualcosa di più profondo, di sacro.

Già negli antichi scritti del libro sacro dei maya, il Popol Vuh, si racconta che quattro animali scoprirono il mais e che riferendone agli Dei, essi decisero di modellare questa massa informe, gialla e bianca, per creare il genere umano. Il mais ha dunque, nella coscienza dell’indigeno, un carattere sacro, perché il proprio nutrimento riproduce la creazione degli antenati e pertanto la sua coltivazione non può assumere una finalità speculativa, per tanto i guatemaltechi si sentono “hombres de maiz” come il titolo del famoso libro del premio nobel Miguel Angel Asturias.

Esistono pitture, bassorilievi e sculture che rappresentano la vita attraverso questo elemento, frutto della madre terra. Ma che c’entra il suono delle mani delle donne in tutto questo? Nelle poche città urbane sovraffollate, oramai prese in ostaggio dal traffico e dall’inquinamento, troppo caotiche e confusionarie per viverci tranquillamente, si trovano luoghi dove ancora risuona il ritmato battito di mani, piccole “tiendas” o bancarelle, gestite da donne indigene spesso adolescenti che lavorano l’impasto di mais che poi rivendono sotto forma di piccole “tortillas”, per pochi quetzales ,“a los tres tiempos” ovvero per ogni pasto del giorno, colazione, pranzo e cena.

Nelle aree rurali e nei villaggi ancora oggi si preparano le tortillas alla vecchia maniera, ovvero in casa. Le donne, la sera prima cucinano sulla stufa a legna, un quantitativo di mais necessario a sfamare tutta la famiglia, di solito numerosa, con acqua e calce viva. Lasciano riposare il tutto durante la notte e all’alba del giorno seguente, dopo aver sciacquato il mais, comincia la processione verso il mulino, per chi se lo può permettere; altrimenti si macina il mais nella propria casa, a mano, con una specie di tritacarne. Tutto inizia molto presto al mattino, si deve lavorare nuovamente l’impasto di mais e passarlo nella “piedra para moler”, una pietra rettangolare con treppiedi e un matterello di pietra con il quale si rende più fine l’impasto per poi modellarlo in delle piccole palline che poi con un abile gioco di mani, un suono semplice, ma ben ritmato, dà inizio al concerto.

Sono solo le 5 di mattina quando iniziano i primi applausi, per le tortillas bianche, gialle o nere a seconda del colore del mais. Gli uomini si vestono, prendono il machete e vanno nel cafetal a lavorare per qualche ora, sapendo che nel pomeriggio con molta probabilità sarà impossibile a causa della pioggia torrenziale. Le donne continuano “a tortear” per condividere con il marito, di ritorno dal campo, una colazione a base di tortillas calde, fagioli, uova e caffè…la “comida de Dios!”

Gli applausi sono un elogio a loro stesse, che spesso in condizioni a volte difficili riescono ad essere madri, gestendo famiglie numerose e mogli. Sembra una storia d’altri tempi, ma così è ovunque in Guatemala.